Il traffico può essere definito come l’insieme dei movimenti dei veicoli nelle sedi stradali ad essi dedicate. La componente principale del traffico è rappresentata dalle autovetture private, ed è noto che più del 90% della vita di un’autovettura trascorre in condizione di sosta, in una forma o nell’altra. Infatti ogni spostamento del veicolo si svolge sempre da un luogo A ad un luogo B, ed in prossimità di entrambi i luoghi il veicolo dovrà sostare per un tempo più o meno lungo.

Nonostante l’introduzione di misure di contenimento e controllo del traffico, non si prevede una diminuzione dell’uso urbano delle auto private nei prossimi anni, in particolare per quanto riguarda l’accesso alle aree centrali da parte di turisti, utenti di servizi, lavoratori e consumatori. È dunque opportuno esaminare in che modo la sosta influenzi il traffico, ed il suo impatto sulle strategie di mobilità all’interno delle aree urbane.

Una prima evidente distinzione va fatta tra la sosta sulle sedi stradali pubbliche e la sosta al di fuori delle stesse. In questo secondo caso la sosta potrà avvenire in aree di uso privato (spazi aperti o box chiusi) oppure in parcheggi di uso pubblico, che vengono genericamente definiti “in sede propria” in quanto situati al di fuori delle sedi stradali. La sosta al di fuori della sede stradale non sottrae spazio alla circolazione veicolare, mentre la sosta su strada riduce comunque lo spazio utile alla circolazione, ostacolando la fluidità del traffico e dunque influenzando negativamente la mobilità urbana.

Le città italiane, e più in generale le città europee, hanno conosciuto un’evoluzione storica del loro tessuto urbano di gran lunga anteriore al recente periodo della motorizzazione di massa. Possiamo infatti identificare, nella struttura urbana, tre aree, l’estensione e le caratteristiche delle quali hanno importanti effetti sul problema della sosta:

•il centro storico, coincidente in prima approssimazione con l’estensione urbana fino alla seconda metà dell’800, prima dell’espansione industriale;

•le aree a corona del centro storico, che definiamo pericentrali, sviluppatesi in genere nel ‘900 fino agli anni ’50, in coincidenza con lo sviluppo industriale, ma prima del periodo della motorizzazione di massa;

•le aree periferiche, sviluppatesi a partire dai primi anni ’60, e tuttora in costante espansione.

Senza entrare nei dettagli, dato che la situazione varia da città a città a seconda delle dimensioni, degli eventi storici e delle condizioni geografiche di sviluppo di ciascuna di esse, possiamo dire che il centro storico presenta una rete viaria con requisiti del tutto inadeguati alla circolazione degli autoveicoli, mentre le zone pericentrali, realizzate già in epoca moderna ma prima dell’avvento della motorizzazione di massa, hanno strade di dimensioni adeguate alla circolazione, la cui fruibilità risulta spesso ridotta dalla presenza di numerose autovetture in sosta, dato che tali zone sono quasi sempre carenti di strutture per la sosta residenziale.

Solo i quartieri periferici di recente realizzazione offrono (anche se non sempre) strade adeguate alla circolazione, abitazioni con box privati per la sosta residenziale (anche se a volte in numero insufficiente alle esigenze di una famiglia), e spazi pubblici destinati alla sosta ricavati lungo le sedi stradali, ma in posizione defilata e tale da non ostacolare la circolazione (per esempio tra gli alberi dei viali). In ogni caso si possono considerare efficaci, sotto il profilo della sosta su strada che non ostacola la circolazione, solo quegli spazi demarcati ed identificati con chiarezza, la cui posizione sia stata progettata in accordo con le esigenze della circolazione, anche tenuto conto delle manovre di parcheggio, che possono rallentare i flussi di traffico.

Classificazione della sosta urbana ed occupazione delle sedi stradali

Molte delle nostre città hanno una struttura “a bersaglio”, col nucleo storico al centro, circondato dalla corona pericentrale di realizzazione più recente, e da un’estesa fascia esterna di quartieri periferici. La circolazione prevalente avviene pertanto su due tipiche direttrici: radiale, dalla periferia verso il centro (e viceversa), e circolare (lungo anelli più o meno concentrici di arterie stradali che circondano il centro). All’interno del centro storico il reticolo stradale è più complesso.

Possiamo fare una prima classificazione della sosta in base alle esigenze dell’utente del veicolo, definendo:

•Residenziale, la sosta di lungo termine del veicolo, in genere presso l’abitazione del suo proprietario.

•Di destinazione, la sosta di medio-lungo termine del veicolo presso un luogo nel quale l’utente si fermerà per un tempo non breve (per esempio il luogo di lavoro, o la stazione).

•Operativa, la sosta di medio-breve termine del veicolo presso un luogo nel quale l’utente prevede di non fermarsi a lungo (per esempio, un negozio).

•Breve, qualsiasi sosta che non duri oltre mezz’ora.

La sosta residenziale può avvenire al di fuori della sede stradale pubblica se esistono strutture adeguate (box privati, parcheggi pertinenziali o residenziali, spazi a raso riservati, parcheggi pubblici o privati in sede propria) per il ricovero dei veicoli, i quali altrimenti verranno lasciati ad occupare, a volte in modo irregolare e comunque per lunghi periodi di tempo, la sede stradale pubblica. Ben si comprende come tale occupazione sia tanto più nociva nei confronti della mobilità quanto più ci si avvicina al centro storico, e soprattutto all’interno di quest’ultimo.

Anche la sosta di destinazione, per poter avvenire al di fuori delle sedi stradali, ha bisogno di spazi dedicati. In genere gli edifici operativi di recente costruzione sono dotati di tali spazi, previsti dalle norme, mentre i fabbricati meno recenti, ed in particolare quelli situati nel centro storico o nelle immediate vicinanze, ne sono quasi sempre sprovvisti. È evidente come in questo caso, in assenza di parcheggi pubblici, l’utente è praticamente costretto a lasciare il veicolo “dove capita”, cioè quasi sempre sulla sede stradale, e spesso in modo irregolare.

Per quanto riguarda la sosta operativa e la sosta breve nelle aree centrali e pericentrali, esse si risolvono quasi sempre nell’occupazione della sede stradale. Negli anni recenti, con l’estendersi delle misure di regolamentazione della sosta su strada adottate dalle Amministrazioni pubbliche, diverse aree delle sedi stradali sono state destinate alla sosta a pagamento. Tali spazi dovrebbero essere prioritariamente destinati alla sosta operativa ed alla sosta di breve durata.

Bisogna tener conto, inoltre, degli elementi dello sviluppo urbano che influenzano in modo significativo il problema della sosta, quali ad esempio:

•la dimensione urbana, espressa adeguatamente dal numero di abitanti;

•l’intensità del traffico, che può essere espressa dal tasso di motorizzazione (in funzione del numero di abitanti per auto, o del numero di auto ogni mille abitanti), e del grado di utilizzazione del mezzo privato per gli spostamenti;

•le condizioni geo-topografiche e fisiche della struttura urbana, determinate dall’ambiente nel quale l’insediamento urbano si è sviluppato, e dalla storia del suo sviluppo.

Per quanto riguarda il tasso di motorizzazione, ricordiamo che 1,7 abitanti per auto è la media regionale italiana, con un range tutto sommato omogeneo – ad eccezione dell’1,1 della Valle d’Aosta – che va dall’1,5 dell’Emilia-Romagna al 2,2 della Calabria. È logico però aspettarsi che il tasso si abbassi ulteriormente nelle aree urbane, ed in particolare nelle grandi città e nelle metropoli, dove possiamo attenderci anche livelli pari ad 1.
Questo è uno dei motivi per i quali nelle grandi città si ha una maggiore densità di traffico, nonostante in generale vi sia una maggiore utilizzazione dei mezzi pubblici, soprattutto per gli spostamenti di lunga distanza.

Il problema della sosta si manifesta sempre sotto il duplice aspetto della sosta residenziale di lunga durata (in genere notturna, ma non di rado anche diurna), e della sosta diurna di durata limitata (ma non sempre breve, come nel caso di chi parcheggia per recarsi al lavoro). Con l’aumentare delle dimensioni urbane entrambi gli aspetti del problema diventano più complessi e difficili da gestire, e richiedono, per la loro soluzione, interventi pubblici coerenti e determinati.

Come si è già osservato, nel caso del centro urbano e della zona pericentrale, aree nelle quali la dotazione di box auto è assai ridotta rispetto alle esigenze, la sosta residenziale si risolve nell’occupazione del suolo pubblico, che diviene spazio conteso, non sufficiente e spesso anche a rischio. In quasi tutte le città la sosta residenziale nel centro storico o nelle zone a traffico limitato (ZTL) è regolamentata, ma spesso il permesso di sosta rilasciato ai residenti è gratuito e privo di limiti. Nessuna regolamentazione è invece adottata per le zone pericentrali, che di notte, soprattutto nelle grandi città, si trasformano in veri e propri “dormitori” per automobili, con le vetture parcheggiate una accanto all’altra, e senza alcun criterio, su entrambi i lati della carreggiata e sui marciapiedi.

Fino a qualche anno fa, in assenza di adeguate forme di regolamentazione, prevaleva la politica del lasciar fare, ed ognuno si arrangiava come voleva (o come poteva). Non è infatti possibile nessun corretto intervento se prima non si delimitano, sul suolo pubblico, gli spazi consentiti per la sosta, regolamentandone gli orari ed il costo, e se non si impongono sanzioni a chi non rispetta le regole. Questa prassi è già stata adottata da diversi anni in varie nazioni europee, e comincia ad essere messa in pratica anche nelle città italiane.

È poi necessario offrire all’eccedenza di domanda di sosta residenziale la possibilità di usufruire di posti auto (da concedere in diritto di superficie per un certo numero di anni) in parcheggi in struttura o in sede propria, anche con opportune agevolazioni ed incentivi, in modo da riqualificare gradatamente l’ambiente urbano attualmente soggetto all’intasamento notturno da parte delle auto in sosta.

Il problema della sosta di destinazione ed operativa riguarda soprattutto il Centro storico e le zone pericentrali, in quanto le strutture operative di recente realizzazione ubicate nelle aree periferiche (centri commerciali, cliniche e ospedali, fiere, banche, edifici della pubblica amministrazione) sono quasi sempre dotate di parcheggi propri, sia per i dipendenti che per il pubblico. Ma un numero ancora elevato di attività commerciali, professionali, amministrative e finanziarie mantiene la propria sede in centro o nella zona pericentrale, aree verso le quali vi è una convergenza di veicoli con esigenze di sosta durante gli orari di lavoro.

Quasi tutte le piccole città, ed in certa misura anche le medie, cercano di risolvere il problema chiudendo al traffico il Centro storico, e facendo convergere la sosta nella zona pericentrale. È ovvio che quest’ultima subisce una pressione congestionante tanto di traffico quanto di sosta, dato che il cittadino cerca di avvicinarsi il più possibile alla propria destinazione. In alcune occasioni anche i non residenti riescono ad ottenere un permesso motivato e temporaneo di circolazione e sosta nelle ZTL, con effetti deleteri sulla pressione della sosta all’interno di tali zone.

È evidente che, con l’aumentare delle dimensioni urbane, questa soluzione non è più praticabile. Infatti, se in una città con meno di 100.000 abitanti, dopo aver parcheggiato nella zona pericentrale, è possibile raggiungere qualsiasi punto del centro con 5÷15 minuti di cammino, la stessa cosa non accade in una città grande o in una metropoli. In questi casi si cerca di indurre l’utente a servirsi dei mezzi pubblici di trasporto per raggiungere il centro dopo aver parcheggiato (a pagamento) nella zona pericentrale o in un parcheggio di interscambio (anche in periferia). È necessario comunque predisporre, accanto ad un’efficiente rete di trasporti urbani, una “rete” di sistemi di sosta e di parcheggi di scambio adeguata ed accuratamente progettata.

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